Published: July12022

Quercia da sughero: la zona mediterranea è la più grande produttrice

In Sardegna, l’utilizzo della quercia da sughero come materiale di grande versatilità ha una storia più che millenaria. Infatti, se nella zona mediterranea furono i fenici ad esaltarne le qualità, nell’isola sarda il suo utilizzo rimanda già a 3.000 anni fa, quando i primi abitanti dei nuraghi iniziarono a produrre reliquiari con coperchi in sughero

Anche i romani, sbarcati nell’isola, capirono immediatamente il potere del sughero. Così, iniziarono a creare sandali, galleggianti per la pesca e coperchi per le anfore trasportanti prodotti tipici sardi a Roma. 

Da questo momento in poi, dal Medioevo fino al progresso industriale, sono stati fabbricati svariati oggetti in sughero destinati all’utilizzo quotidiano. 

Scopriamo insieme tutte le peculiarità e curiosità riguardanti i querceti mediterranei.

I numeri della produzione mediterranea

Non è un caso, quindi, che la zona mediterranea sia la più grande produttrice di sughero. Tra i top paesi produttori troviamo:

  • Portogallo (51%);
  • Spagna (32%);
  • Italia (6%);
  • Marocco, Tunisia e Algeria (9%);
  • Francia (1%).

Per quanto riguarda quest’ultima, il primato va alla nostra Sardegna con 120mila quintali, l’85% del totale nazionale, di sughero prodotti ogni anno. Seguono la Sicilia, il Lazio e la bassa Toscana (la Maremma), innalzando la produzione nazionale di sughero a 150 mila quintali, di cui il 70% destinato alla realizzazione di 1,5 miliardi di tappi in sughero per l’industria enologica.

Quercia da sughero: il processo di demaschiatura

In Sardegna il sughero prende un nome prezioso: oro morbido. Per questo motivo il processo per ricavare il sughero dev’essere delicato e minuzioso. Parliamo di ciò che, in gergo tecnico, è chiamata demaschiatura, ossia la spoliazione della pianta da sughero, di 20-30 anni d’età, per ottenere la scorza. Quest’attività deve essere effettuata da scorzini esperti che, con una specifica accetta, incidono la scorza di superficie senza deturpare i tessuti sottostanti.

La demaschiatura si realizza sulla stessa quercia ogni 10 anni, ma di fatto non è impossibile trovare anche alberi di oltre 500 anni che sono stati scorticati senza rispettare le giuste tempistiche. 

Ma di preciso come viene eseguita la demaschiatura? Prima di tutto, si incide la corteccia, con uno spessore di 7,5 cm, all’altezza della prima diramazione dei rami e si prosegue fino alla base con un intaglio longitudinale. Da questo momento in poi le querce assumono una varietà cromatica. Dal color rosso sangue, al grigio della corteccia avanzata, fino al verde scuro delle foglie. 

Se l’esperto intagliatore ha eseguito correttamente la procedura, nel giro di poco tempo, la quercia avrà rigenerato la superficie di corteccia eliminata.

Foto di querce dopo la demaschiatura del sughero

Sughero maschio e femmina: le diverse tipologie di cortecci

Il sughero presenta una fenologia variegata, per questo è importante conoscerla a fondo e nel minimo dettaglio. Adesso, approfondiamo la conoscenza della corteccia da sughero

La prima corteccia rimossa dall’albero di quercia ha un aspetto grigio, ruvido e spugnoso ed generalmente chiamata sugherone o sughero maschio. Dopo l’estrazione del sugherone, il tessuto inferiore genera, ogni anno, nuove patine di tessuti più compatti, regolari e con una spaccatura in prevalenza longitudinale. Questa tipologia di corteccia rigenerata prende il nome di sughero femmina o gentile.

Subito dopo la fase di estrazione le plance vengono trasportate nelle fabbriche di produzione, dove rimarranno per circa 6 mesi fino alla completa stagionatura. Infine, verranno bollite e pressate, tanto da restare prive della loro curvatura originaria e successivamente potranno essere lavorate a seconda della destinazione d’utilizzo. 

Quercia da sughero: rischio estinzione

La lavorazione della quercia da sughero è un’arte antica che oggigiorno è messa fortemente a rischio. Nel 2010, il WWF, l’Assoimballagi e Federlegno hanno promosso una campagna per il salvataggio di 2,2 milioni di ettari di boschi da sughero nel Mediterraneo

Di fatto, le sugherete rappresentano un bene inestimabile per il pianeta terra e per il paesaggio mediterraneo, poiché assorbono annualmente 14 milioni di tonnellate di H2O, ossia il gas responsabile dell’effetto serra. Da sempre, le querce da sughero sono state preservate perché essenziali per l’industria del vino, dato che proprio da lì prendono vita i tappi sigillo per le bottiglie, garanti di una perfetta chiusura ermetica. 

Però, purtroppo, negli ultimi anni quest’importanza ha perso valore. La concorrenza di tappi prodotti con diversi materiali più economici, come silicone o vetro, minacciano la conservazione dei sughereti.

Un rapporto del WWF, prevedeva per il 2015 una drastica riduzione dell’utilizzo di tappi in sughero, registrando un calopari al 5% del totale, comportando non più di 19 mila tonnellate di sughero estratto. E ancora, per l’anno 2020, si stimò una perdita del 75% dei querceti del Mediterraneo occidentale e la disoccupazione di circa 60mila lavoratori.

Oltre questi problemi più tecnici ed economici, l’abbandono delle sugherete comporta anche preoccupazioni legate all’ecosistema. Il primo riguarda la salvaguardia delle specie animali protette quali la lince, l’aquila imperiale iberica, il cervo sardo e il gatto selvatico. Il secondo, invece, si riferisce alle gravi speculazioni edilizie causanti la totale deturpazione degli ecosistemi, finora preservati dall’industria del sughero sulla base dei dettami Fsc.

Bosco di querce

Il clima mediterraneo è il preferito della quercia da sughero

Come visto in precedenza, l’habitat dell’ovest mediterraneo è quello preferito dai boschi di sughero. Infatti, le sugherete si estendono, principalmente, dal Nord Africa, fino all Penisola Iberica e all’Italia. Questo perché la quercia da sughero necessita di un clima tipicamente occidentale, ovvero temperature abbastanza calde e piuttosto secche, esenti da gelate invernali.

Non a caso, i sughereti privilegiano un terreni acidi, argillosi, sabbiosi e addirittura sassosi. 

Proprio a tal proposito, entrando nelle specifico, la Sardegna presenta un suolo ricco di sostanza organica e privo di calcare totale e attivo. Infatti, le superficie sono costituite prevalentemente da rocce, con reazioni acide, e da sabbia.

Ciò significa che il processo di mineralizzazione è più complicato da portare a termine, ma le querce ovviano alla difficoltà traendo giovamento da diversi funghi simbionti, capaci eseguire una totale ricerca radicale nel terreno e di assorbire del tutto i minerali. 

Foresta di querce da sughero

La Sardegna ospita la Stazione Sperimentale del Sughero

In Sardegna, precisamente a Tempio Pausania è presente la Stazione Sperimentale del Sughero. La sede rappresenta rappresenta, su scala mondiale, il solo ed unico punto di riferimento per l’industria del sughero. In aggiunta, è stata la prima stazione al mondo a conseguire la certificazione Fsc, vale a dire il riconoscimento per la gestione responsabile, secondo principi ambientali, sociali ed economici, delle foreste da sughero.

L’anima di Sadenda

Insomma, ormai non ci sono più dubbi, la quercia da sughero è l’oro prezioso del mediterraneo. Noi di Sadenda lo sappiamo molto bene. Il nostro prodotto nasce più di 30 anni fa, inizialmente pensato come tenda, nel tempo, diventa una soluzione di design dal carattere originale e unico.

La sua storia racconta la Sardegna, la nostra bellissima terra dove prende vita, e quella della famiglia Achenza che da generazioni dedica la sua passione alla lavorazione di una materia speciale: il sughero.

Tu sei mai stato/a in un bosco di querce? Raccontaci la tua esperienza nei commenti.

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